Le antiche attività industriali di Bracciano sono legate alla costruzione di acquedotti che fornivano, attraverso pale ad acqua, la forza motrice necessaria alle macchine.
Entrambe le famiglie che hanno posseduto Bracciano hanno dato il loro contributo all’implementazione di queste attività.
Gli Orsini
Il primo acquedotto di Bracciano fu costruito intorno al 1578 per volontà di Paolo Giordano I Orsini, che volle impiantare a Bracciano la lavorazione del ferro. Sulle sorgenti dell’acquedotto, situate nel bosco di Manziana e sfruttate fin da epoca romana, fu edificata una cappella intitolata a Santa Maria della Fiora di cui rimangono interessanti tracce; la cappella sorge su preesistenze romane.
L’acquedotto di Paolo Giordano, oltre a fornire forza motrice alle macchine degli opifici, alimentava una fontana in paese; in cambio della concessione dell’acqua la comunità si impegnò a versare al duca Orsini 350 rubbia di grano per cinque anni.
Paolo Giordano II, nipote del primo, sposò nel 1620 Isabella Appiani, principessa di Piombino: ciò dette grande impulso all’industria del ferro, alimentata dalle miniere dell’Elba di proprietà della principessa.
Nel 1696, quando Bracciano fu acquistata dagli Odescalchi, gli opifici non smisero la loro produzione.
Gli Odescalchi
Livio I Odescalchi (1658-1713) decise di implementare l’industria del ferro a Bracciano. Egli fece costruire un nuovo acquedotto, ma fu il suo successore Baldassarre a far costruire gli opifici. Il nuovo acquedotto dava forza motrice alla cartiera, a sei ferriere e a due mole, una a grano ed una ad olio. La mappa dell’acquedotto con i suoi opifici è esposta nella sala dedicata alla comunità.
L’acquedotto, lungo circa 7 km e parzialmente interrato, fu costruito su progetto dell’architetto Carlo Buratti tra il 1700 ed il 1710. Per accorciare i tempi di costruzione il lavoro fu affidato a più squadre di manovali che lavoravano contemporaneamente su tratti diversi. Dalla metà del Settecento si trovano contratti di affitto relativi a cinque ferriere: il duca infatti gestiva direttamente la prima, ove era situato il forno del ferraccio, imponendo agli affittuari l’acquisto di diverse centinaia di libbre del ferro di sua produzione.
La cartiera di Bracciano era una delle più rinomate dello Stato Pontificio: vi si produceva solo carta di qualità utilizzando le più avanzate tecnologie del tempo.
Nel 1803 gli Odescalchi vendettero il territorio di Bracciano alla famiglia Torlonia con la possibilità, stabilita contrattualmente, di poterlo ricomprare: ciò accadde nel 1848. La produzione del ferro e della carta cessò durante la proprietà Torlonia. Ciò è imputabile, verosimilmente, anche alla disponibilità di nuove tecnologie, che avrebbero imposto il completo rinnovo delle macchine con costi certamente elevati.
Sono ancora visibili tratti dell’acquedotto antico (notevoli i cosiddetti “archi di Boccalupo” nella campagna fra Bracciano e Manziana) ed uno degli edifici che conteneva una ferriera, dove è conservato un maglio settecentesco. In una delle ferriere, trasformata in lavatoio nel corso dell’Ottocento, il Comune ha ricavato un piccolo auditorium.
Pagina aggiornata il 07/07/2023